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Pechino 4° parte: Il Tempio del Cielo e Hutong
Oggi è l’ultimo giorno a Pechino e in serata si rientrerà. La giornata quindi si preannuncia più breve, ma sarà anche la più torrida perché oggi il sole picchia come non mai. Decidiamo di visitare il Tempio del Cielo, a sud della Città Proibita, che si rivela uno dei più bei templi mai visti finora.
Il tempio è posto in un grande parco che scopriamo essere frequentato ogni giorno da centina di pechinesi che, sotto la frescura degli alberi, approfittando del tanto spazio a disposizione, praticano le attività fisiche e gli sport più disparati e prettamente orientali. Noi ci fermiamo affascinati ad osservarli e vi mostriamo alcuni gruppi. Ovviamente non abbiamo idea di come si chiamino la maggior parte di queste attività in cinese per cui mi butto:
“Danza con i racchettoni!”
“Danza del nastro” dove anche Linda si cimenta…
Dopo questa affascinate sosta, raggiungiamo lo splendido tempio.
Luca si ostina a comprare l’ennesima inutile piantina (perché mai la consulterà) solo perché gli piaceva com’era fatta! Approfitto almeno per mostrarvela.
Il Tempio del Cielo, costruito nel 1420, costituiva la sede dei sacrifici al cielo e alla terra degli imperatori delle due dinastie Ming e Qing (1368-1911), per invocare il vento, la pioggia e la pace sotto il cielo. L’imperatore della Cina era chiamato “figlio del cielo”, e governando in questa veste il popolo ed il paese, le cerimonie di sacrificio erano una sua prerogativa, negata ai funzionari e popolani.
La parete di cinta sud è rettilinea, a simbolo della terra, mentre quella nord è semicircolare, a simbolo del cielo, una struttura derivante dall’antica concezione cinese del “cielo rotondo e terra quadrata”. Il complesso si suddivide in esterno ed interno. Gli edifici principali si trovano lungo l’asse sud-nord, con nell’ordine da sud a nord l’Altare del cielo, il Tempio del Dio dell’universo e il Tempio della preghiera per il buon raccolto.
L’Altare del cielo è una piattaforma circolare di tre piani, ognuno dei quali circondato da una balaustrata in pietra, che costituiva la zona centrale dei sacrifici imperiali al cielo. Estremamente complessi, questi si tenevano in generale prima dell’alba del solstizio d’inverno (verso il 22 dicembre del calendario lunare), ed erano presieduti dall’imperatore. Per l’occasione venivano appese grandi lanterne rosse davanti all’altare, con all’interno candele alte più di un metro.
Il Tempio del Dio dell’universo, posto a nord dell’altare, è un piccolo edificio circolare ad un piano che normalmente ospitava le tavolette rituali delle cerimonie di sacrificio. Questo è circondato da un muro rotondo, il famoso Muro dell’eco, una struttura straordinaria in quanto se si parla a bassa voce ad una delle estremità, all’altro capo si può udire chiaramente.
Un altro edificio sacrificale è il Tempio della preghiera per il buon raccolto, una grande struttura circolare a tre cornicioni eretta su una terrazza circolare a tre piani. Dal nome si capisce subito che qui l’imperatore pregava per il buon raccolto estivo. L’edificio ha quindi suggestioni che rimandano alla cultura agricola, ad esempio le quattro colonne interne più alte si dice rappresentino la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno. Gli antichi cinesi suddividevano il giorno in 12 periodi, per cui le 12 colonne che sostengono il primo cornicione rappresentano i 12 periodi, mentre le 12 colonne mediane indicano i 12 mesi dell’anno, per un totale di 24 colonne, simbolo dei 24 periodi del calendario lunare.
Nella costruzione del Tempio del Cielo, gli antichi maestri artigiani hanno dato prova di un’abilità impareggiabile, con enormi risultati ad esempio dal punto di vista dei colori degli edifici. Gli edifici imperiali utilizzano per lo più tegole di maiolica gialla, simbolo del potere imperiale, invece negli edifici del Tempio del Cielo gli artigiani hanno utilizzato tegole del colore del cielo, ossia blu, come colore principale. Nel 1998 il Tempio del Cielo è stato inserito nella Lista del Patrimonio Culturale Mondiale.
E ora, tra un tempio e l’altro, qualche scatto in libertà …
Molto soddisfatti dalla rilassante visita della mattinata, dedichiamo le ultime ore a disposizione gironzolando per gli Hutong, cioè nei vicoli della città vecchia, preferendoli senza incertezze ai grattaceli della Pechino moderna ed alla zona commerciale sempre consigliata ai turisti.
“Se non si entra negli Hutong, non si conosce Pechino”, recita un detto. Qui ci siamo sentiti profondamente immersi nella cultura tradizionale di Pechino, nell’atmosfera della vita quotidiana e nel colore più autentico della città…
…anche se ormai anche qui il turismo è l’anima del commercio…
Per questi caratteristici vicoli troviamo anche una perfetta merenda energizzante: un croccante di semi di girasole! Compratone uno per verificarne la commestibilità, lo troviamo invece inaspettatamente ottimo! Torniamo allora sui nostri passi e ne prendiamo uno ciascuno. A Linda non ne è caduta nemmeno una briciola ed ha protestato per averne ancora!
Si è fatta l’ora di salutare Pechino: dopo l’ultima cena al vegan restaurant, recuperiamo i bagagli in hotel e raggiungiamo la stazione per un’altra notte in treno.
Linda si addormenta prima che io riesca a rifargli il letto e si risveglia il mattino solo su nostre insistenti sollecitazioni.
Sono le sette e da subito riprenderemo la routine di tutti i giorni: Luca andrà a lavoro e Linda, fresca e riposata, decide di andare a scuola. Alle 8.30 siamo pronti e puntuali per il pulmino. ..
A me invece restano bagagli e lavatrici, ma anche uno splendido fine settimana da ricordare, condividere e tenere nel cuore!
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